Il ruolo di genitore si delinea come uno dei più difficili e complicati in assoluto. Magari esistesse un libretto di istruzioni a cui poter far riferimento ogni volta che si presenta una difficoltà con i propri figli!
Partendo dal presupposto che non esiste un manuale con delle regole miracolistiche, tuttavia può essere utile provare a riflettere su alcuni aspetti, in particolare su quale può essere lo stile genitoriale più adeguato per gestire la relazione con il proprio figlio.
Quale dovrebbe essere l’atteggiamento di un papà e di una mamma per educare un bambino sano ed equilibrato? Quanto occorre essere severi? Quanto permissivi?
Diverse ricerche scientifiche suggeriscono che l’atteggiamento “autorevole” sia quello ottimale.
Innanzitutto facciamo un distinguo: l’atteggiamento “autorevole” è cosa ben diversa di quello “autoritario”.
Il genitore “autoritario” fa valere la propria volontà imponendola con la forza, comanda e pretende l’obbedienza assoluta senza dare spiegazioni, utilizzando le maniere forti, vale a dire alzando la voce (o peggio ancora le mani) o assegnando punizioni esemplari, regole eccessivamente severe e sottraendo il proprio amore come ritorsione nei confronti del bambino.
Il genitore “autorevole” invece non ha bisogno della violenza per farsi ubbidire, rispetta il figlio e sa farsi rispettare, sa dargli fiducia e libertà, dà l’esempio, si comporta con fermezza e coerenza, è equilibrato e misurato, anche nelle punizioni, risultando così credibile agli occhi del bambino.
Anche un atteggiamento troppo “permissivo”, vale a dire eccessivamente tollerante e indulgente è dannoso per il bambino, che non sarà in grado di introiettare le prime regole e, una volta cresciuto, non saprà autolimitarsi e agire in modo rispettoso ed equilibrato.
Anche frasi del tipo “Fai come vuoi” rischiano di dare un messaggio di disinteresse affettivo. Altrettanto inefficace è l’atteggiamento del genitore “amico” del proprio figlio.
Sicuramente è fondamentale per la sicurezza del bambino sentirsi amato e rispettato, ma è altrettanto importante sentire di avere accanto una guida autorevole e salda.
I genitori non sono gli unici responsabili dello sviluppo “sano” del bambino, eppure spesso si sentono colpevoli (o vengono colpevolizzati) quando il figlio manifesta un problema emotivo o comportamentale.
In realtà occorre considerare anche le caratteristiche temperamentali del bambino, che non è un destinatario passivo dei segnali educativi dei genitori, così come il genitore non è un semplice distributore di insegnamenti e cure: la condotta del bambino influenza la relazione con l’adulto tanto quanto l’atteggiamento genitoriale stesso.
Per esempio, i bambini più “difficili” da gestire, magari perché caratterizzati da maggior irritabilità, scontrosità, permalosità, tendono a suscitare risposte più severe, ostili e rabbiose da parte dei genitori. Bambino e genitore, dunque, risultano strettamente e reciprocamente interconnessi: entrambi saranno in grado di provocare nell’altro sentimenti e comportamenti specifici.
Non va trascurato, inoltre, il contesto in cui la famiglia è inserita: situazioni di disagio economico, isolamento sociale, malattie, etc., contribuiscono a rendere più fragile l’interazione tra genitori-figli.