Perché alcune persone provano fortemente il desiderio di vendicarsi? Potremmo dire che il fine ultimo della vendicatività sia quello di castigare e punire, per raggiungere uno stato di pace e di quiete interna. La persona immagina che, una volta vendicato il proprio orgoglio ferito, potrà riassaporare un senso di forza e di benessere.
La persona che medita vendetta è in uno stato di forte malumore, appare implacabile, spietata, crudele, insensibile, inesorabile e inflessibile. Vive in funzione della vendetta, che sembra essere diventata l’unico scopo della sua vita. In preda a forti emozioni, cerca di sfruttare qualsiasi occasione per dal luogo ad azioni punitive o di ritorsione, e al primo posto nella lista dei suoi desideri c’è quello di “pareggiare i conti” (in realtà, di andare anche al di là di un “pareggio”).
Lo spirito vendicativo viene continuamente alimentato da una serie di immagini e di fantasie sugli abusi patiti.
La natura per così dire “coraggiosa” delle persone che vivono questo stato d’animo trova lampante evidenza nella loro tendenza a cercare di metter in atto la vendetta anche contro tutte le possibili avversità e a prescindere dai costi dell’operazione. La persona in preda a questo stato non permetterà che il male che gli è stato fatto resti impunito. Protesterà lamentosamente di non esser inferiore a nessuno, e di non voler sopportate gli abusi arrecatigli da chicchessia.
La persona vendicativa può essere a tratti consapevole dell’irrazionalità e inadeguatezza dei suoi sentimenti e dei suoi scopi, ma tale consapevolezza viene rapidamente oscura dalla forza travolgente dell’emozione. Non sperimenta alcun senso di colpa. Non mostra alcuna preoccupazione circa le possibili conseguenze morale e sociali delle sue azioni.
Lo scopo consapevole della vendicatività è il castigo, la punizione, nonché il raggiungimento di un agognato stato di pace. In realtà, il desiderio di vendetta è determinato da una pluralità di fattori, di cui la persona in genere non è consapevole. Da un punto di vista inconscio, il fine della persona vendicativa è quello di tener nascosto un danno ancor più disastroso sofferto dal suo Io, un danno sperimentato durante i primissimi anni di vita, e che costituisce la base di tutte le altre offese specifiche delle quali egli si lamenta. In questo senso, l’atto vendicativo è un meccanismo di difesa la cui funzione è quella di nascondere i traumi più profondi occorsi nell’infanzia.
Alcuni studiosi attribuiscono la vendicatività agli ostacoli posti dai genitori allo sviluppo dell’individualità del bambino, cosicché questi nutre desiderio di vendetta perché è stato costretto ad adattarsi ai loro valori. Altri autori mettono in evidenza come la vendicatività può servire per proteggersi dal dolore e dall’angoscia di separazione. La vendicatività permette all’individuo di eludere o posticipare l’esperienza di questi due affetti, perché non ha veramente rinunciato alla persona verso cui è diretta la sua vendicatività: vale a dire, l’essere occupato con fantasie vendicative riguardo quella persona serve, in effetti, a tenersi psicologicamente aggrappati a essa.
“L’uomo che studia per tutta la vita la propria vendetta mantiene le sue ferite sempre aperte, ferite che altrimenti potrebbero guarire e scomparire” (Francis Bacon).
Per liberarsi dal desiderio di vendetta, la persona deve arrivare a comprendere la vera natura della vendicatività e delle sue origini infantili. Naturalmente, non ci si può aspettare che una persona si liberi da sola e in un batter d’occhio di un sentimento così significativo, che ha pervaso la sua psiche in modo quasi totalizzante. La psicoterapia può essere uno strumento prezioso per aiutare la persona a capire che la vera vittoria non sta nella vendetta, ma nel superamento del danno infantile subito dall’Io e nella costruzione di un Io più stabile e maturo, in contatto con la realtà e capace di tollerare le delusioni e le perdite che questa procura.
Fonti